Il sentiero dei nidi di ragno

DATA 23 Marzo 2022 - Elisa Chiriano

Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, Einaudi, 1946, pp.221

Forse è solo il primo libro quello che conta, forse si dovrebbe scrivere solo quello!  Forse… ma non è così per Calvino, immenso sempre, in ogni parola, in ogni storia, in ogni libro (dal primo all’ultimo), in ogni incipit e in ogni conclusione. Le parole non gli fanno paura. Fin che hanno un senso, fin che servono a qualcosa le dice, le snocciola, le butta magari, come si buttano i rami sul fuoco, ma lo scopo è la fiamma, il calore, la pentola (Cesare Pavese). Nella parola tutta la vita pulsa e scalcia. Si fa creatura in mezzo alle altre creature. Entra in relazione con le altre, per intraprendere un viaggio che sovente non ha meta. È il 1946. L’esperienza della guerra è ancora viva nella memoria di tutti, quando un Italo Calvino, poco più che ventenne, sceglie di scrivere il suo primo romanzo. È la storia della Resistenza con gli occhi di un bambino resiliente. Pin ha dieci anni, è orfano, cresciuto con una sorella prostituta, vagabondando tra osterie e carruggi, sempre circondato da adulti. Sfacciato e impertinente, non sa fare altro che canzonare i grandi, ripetendo le loro storie di letti e di morte, cantando le loro canzoni da galera, scimmiottandone gesti e parole, senza nemmeno comprenderne il senso. Ha una voce rauca da bambino vecchio, ha due braccine smilze ed è il più debole di tutti e le prende da tutti, ha tante lentiggini che gli divorano il viso e, come Rosso Malpelo, non può vivere la sua età. Il suo desiderio è trovar un amico vero con cui condividere il suo posto magico. C’è un luogo segreto, vicino al fiume, nelle pianure liguri, che solo Pin conosce. Lì i ragni fanno delle tane, dei tunnel coperti da un cemento di erba secca. Con uno stecco lungo si può arrivare fino in fondo e prendere quei piccoli esseri neri, che hanno dei disegnini grigi sul dorso. È il suo nascondiglio, dove può rifugiarsi quando è arrabbiato e non vuole farsi trovare. Lì nasconde la pistola che ha rubato al tedesco e… ci sarà infine qualcuno da poter chiamare amico, meritevole di conoscere e custodire il suo segreto? Pin è sospeso tra due mondi e da entrambi viene malamente scacciato.«Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta di piccoli gesti anonimi, forse domani morirò, magari prima di quel tedesco, ma tutte le cose che farò prima di morire e la mia morte stessa saranno pezzetti di storia, e tutti i pensieri che sto facendo adesso influiscono sulla mia storia di domani, sulla storia di domani del genere umano». E così, attraverso una lente innocente e scanzonata che deforma la spietatezza della guerra, ci viene restituito un racconto di Resistenza, di vita ma, soprattutto, di uomini che, grazie all’immediatezza visiva e alla fantasia bizzarra di Pin, assumono tratti quasi grotteschi. I fascisti sono neri figuri con baffi da topo e berretti con teste da morto. I partigiani uomini barbuti e colorati con elmi, sombreri e le divise più disparate. Un libro da leggere e rileggere perché… non si leggono i classici per dovere o per rispetto, ma solo per amore.

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