Lo zingaro felice

DATA 4 Ottobre 2021 - Antonio LUDOVICO

Claudio Lolli, lo zingaro felice della musica italiana 
“È vero che non vogliamo cambiare 
Il nostro inverno in estate, 
È vero che i poeti ci fanno paura
Perché i poeti accarezzano troppo le gobbe , 
Amano l’odore delle armi
E odiano la fine della giornata. 
Perché i poeti aprono sempre la loro finestra 
Anche se noi diciamo che è una finestra sbagliata”.


Se non ci fossero state le radio libere, probabilmente il genio creativo e dissacrante di Claudio Lolli sarebbe rimasto nascosto in qualche festival di periferia. Nato a Bologna nel marzo del 1950, il giovane Lolli sembra catapultato nel “mare procelloso” del cantautorato italiano quasi contro la sua volontà. Artista che ha camminato sempre controvento, cantore della libertà e del’anticonformismo, Il bolognese era un tipo che non riusciva a scendere a compromessi. Dotato di una voce notevole, chiara, ampia, pulita, Lolli avrebbe potuto cantare qualsiasi brano, qualunque testo, ma preferiva occuparsi degli emarginati, dei senzatetto, di coloro “che avevano torto”, che stavano dalla parte sbagliata. Uomini e donne che inseguivano un’utopia, che si rotolavano felici sull’erba, che amavano sognare. E spesso, all’inizio della sua carriera, lo si poteva ascoltare alla mitica Osteria delle Dame, a Bologna, prima del suo amico Francesco Guccini. Lo vidi in un concerto, poco prima che morisse, in una chiesa sconsacrata in provincia di Cosenza e questo è ciò che ricordo.  Atmosfera da cinema parrocchiale, pochi intimi silenziosi e infreddoliti, chiesa sconsacrata trasformata in un minuscolo teatro di provincia, l’aria fresca che ti penetra dentro e ti avvisa che ti trovi a due passi dalla Sila, esattamente a San Fili, sopra Cosenza. Nel silenzio generale, entra in scena un chitarrista di mezza età, forse qualcosa in più, l’aspetto fiero e austero, insomma uno con l’aria solenne di chi sa il fatto suo; si siede, imbraccia la sua chitarra e aspetta. Dopo una manciata di secondi, entra in scena l’artista, Claudio Lolli, quello per cui addirittura qualcuno si era scomodato da fuori regione, per venirlo a sentire. Sembra invecchiato più della sua effettiva età anagrafica, dimostra di avere scarso equilibrio dinamico, pare caracollante, porta un paio di occhiali tondi che infila e sfila con frequenza impressionante, tiene in mano un libriccino aperto come Don Abbondio, sembra quasi fuori posto. Poi, appena prende il microfono in mano e comincia ad intonare i primi versi di una poesia che sa tanto di canzone (o il contrario, fate voi), tutti si accorgono che l’artista c’è, è vivo, è presente a se stesso, possiede un timbro vocale che non t’aspetti, è addirittura spiazzante per l’oggettiva bravura. Anche se, strano a dirsi, leggeva i testi dei suoi stessi brani, come se non ricordasse le parole e avesse bisogno di quel libretto consunto dall’uso. Il pubblico, incantato da tanta soave bellezza, comincia a scaldarsi, capisce l’antifona, lo applaude, lo incita, lo invoglia a eseguire i suoi pezzi più conosciuti. Lolli prosegue invece il suo show, accompagnando le sue straordinarie performance vocali a racconti e aneddoti vari, che colpiscono per l’arguzia, la non banalità, la precisione. Parla infatti di Marx, di masochismo, di borghesia, di Folkstudio, di Piero Ciampi, di politica, della sua Bologna e lo fa con un’insolita leggerezza, quasi fosse un poeta fuori dal tempo, un marziano piombato da terre lontane, un felice disadattato. Lo show è durato un’ora e mezza , o poco più a causa dei bis richiesti a gran voce, tra interpretazioni superbe di canzoni bellissime come “Borghesia”, “Michel”, “Anna di Francia”, “ Aspettando Godot”, l’immancabile “ Ho visto anche degli zingari felici”, che avrebbero accontentato anche i palati più esigenti. Uno spettacolo completo, sia pure con l’ausilio della sola chitarra di Paolo Capodacqua, un musicista coi fiocchi, che ha messo in mostra un artista dotato di una sensibilità fuori dal comune, che ha regalato momenti di estasi pura. Ne valeva proprio la pena  di inerpicarsi sui monti silani, una fredda sera di fine maggio . Questo era Claudio Lolli, morto poi per un male incurabile il 17 agosto del 2008 all’età di 68 anni. Ci lascia 14 album in studio e 4 dal vivo, più varie raccolte e tantissimi punti interrogativi. Un grande, senza se e senza ma, uno zingaro felice che non amava i compromessi, neanche quelli a lui più sfavorevoli imposti dalle case discografiche, un personaggio unico e vero in un mondo dove di verità ce n’è veramente poca.

Associazione Culturale Darvin.eu
Via De Gasperi, 7 - 88100 Catanzaro
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